Edvard Munch - l'Urlo (1893/1910)
Sotto: Caspar David Friedrich,
Il monaco in riva al mare 1910
"L'urlo" di Edvard Munch è stato dipinto nel 1883 e ripreso da lui più volte fino il 1910, "Il monaco in riva al mare" è stato creato da Caspar David Friedrich nel 1810. Due opere d'arte molto conosciute, introduzioni pessimistiche a tutto un secolo. Quale sarebbe il dipinto programmatico del 2010 per il nostro ventunesimo secolo? La scelta è ancora aperta, la visualizzazione di immagini è più facile per il passato che non per il futuro. Un altro monaco che nella foto sotto (il fondatore dei monaci Certosini S. Bruno da Colonia 1084) ha definto il programma per il suo giovane ordine: "Stat crux dum volvitur orbis" (Sta salda la croce anche se crolla il mondo). Anche oggi va in tilt il mondo - che cosa dovremmo dire della croce?
Edvard Munch, l'URLO (1893)
«Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all'improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad una palizzata. Sul fiordo nero-azzurro e sulla città c'erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura... E sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura.»
Queste parole dell'artista furono le circostanze che lo portarono a dipingere l'urlo, uno dei quadri più celebri dell'arte mondiale ed ineguagliabile emblema dell'angoscia dell'uomo.
In un ambiente surreale in primo piano si vede su un grande ponte, che in alto a sinistra porta fuori dal quadro, una figura che preme le mani sulle orecchie, gli occhi senza palpebre spalancati, la bocca aperta e le guance incassate. La testa glabra non è assegnabile ne a uomo o donna, non giovane o vecchia. È il Chiunque che qui urla per tutte le persone del suo tempo, senza speranza che il grido sia ancora sentito. Eppure questo grido trasforma tutto nel immagine in un unico orrore. Il personaggio stesso sembra essere uno spirito, nascondendo le forme del corpo sotto stracci neri.
Il ponte di legno divide l’immagine nalla diagonale, dal basso a destra fino in alto a sinistra. Davanti e dietro è completamente tagliata e porta da nessuna parte. E l’uomo – urla perché il ponte non regge e crollerà? Ma sembra costruito saldamente ed è in ordine. Urla perché ha incontrato i due personaggi con cappelli (simbolo di alto livello) o questi potrebbero ancora tornare indietro a lui, chè in realtà di loro si vedono solo le siluette? Un disastro, la morte? L’urlo viene rafforzato da tutto l’ambiente, tutto sta urlando, cielo mare terra è un unico grido. Il cielo è rosso in fiamme. Qui sono espresso la situazione di base, le doglie di parto dello sviluppo tecnologico e la mancanza di gestione intellettuale della modernità intorno il 1900.
Anche se in tale area del ponte succede nulla di insolito, anche se nella parte di sinistra superiore su una roccia di un idilliaco lago apparentemente tranquillo dondolano navette a vela, le onde sonore dell'urlo si diffondono ovunque, sopratutto in avanti verso lo spettatore. L'urlo ci colpisce direttamente e totalmente, si imprime nell'orecchio e nella coscienza, non si dimenticherà mai una tale cosa. Forse questo è il motivo principale che questa immagine ha raggiunto una popolarità quasi incredibile.
L'artista si è prodigato ripetutamente e per molti anni su questo soggetto. Ma l'abisso di questo grido nevrotico non fu mai diminuito, mai tmatizzato o terapeutizzato. Anche la gola sotto il ponte, il paseaggio intorno al lago e questo stesso, le du figure spettrali mai ebbero un'interpretazione. Possiamo solo dire che questa immagine non è nessuna pittura di paesaggio, ma l'intero quadro è di per sé un unico grido di orrore. Non c'è nessuna paura di qualcosa, ma paura senza nome di tutto. È la situazione cupa, morbosa, disperata di un mondo perduto. Un mondo da cui non c'è scampo. Qui viene rappresentato e celebrato un'urlo, qui sta gridando tutto!
"L'urlo di quest'opera, insomma, è un'esplosione di energia psichica di inaudita potenza, che rende la tela una metafora della morte che spazza via, travolge, il senso della vita: proprio come fa questo grido sordo, un effimero modo di guardare dentro di sé, ritrovandovi solo sofferenza." Così Alberto Cocchi in una conferenza (2016).
Caspar David Friedrich -
Monaco in riva al mare
Caspar David Friedrich - il monaco al mare (1810)
Un'immagine mozzafiato dall'inizio del romanticismo, quando ancora nessuno parlava del "moderno": un uomo si trova di fronte al mistero del cosmo. Non più creazione di Dio, non più il nostro universo circostante, non più la natura da esplorare, ma la realtà che minaccia parla da questa immagine.
Davanti a lui un mare pericoloso scuro, un cielo scuro all'orizzonte con una lieve luminosità in altezza. Il monaco non è nel centro dell'immagine, anche l'immagine stessa non ha limite a sinistra o a destra, in alto o in basso. Nessun sentiero nelle sabbie mobili della costa, sul cielo scuro sopra il mare volano alcuni gabbiani con le ali chiare. Volano dal basso a sinistra in alto a destra, in una buona direzione che indica fortuna. I colori smorzati, dall marrone rossiccio della spiaggia attraverso il mare scuro profondo ad un cielo blu notte, con un po' di alleggerimento verso l'alto. Un'immagine per una meditazione alto livello.
L'immagine è di un vuoto strano, che vive e vibra in una strana eccitazione dello spazio infinito. Suscita paura e stupore, un forte senso di realtà nonostante la mancanza di movimento e di azione. Il monaco si è avventurato molto in avanti, quasi troppo in un universo con gli elementi primordiali della terra, di acqua, aria e luce. La spiaggia è aperta verso l'orizzonte scuro, il chiaro rischia di scomparire verso l'alto. Il monaco ha perso il suo orientamento e la sua sua strada - lo sguardo in alto lo salverà? La minaccia della acque nere, la zona della morte con Ade, Sheol, l'inferno e la malavita - il monaco si salverà andando verso la luce? E se la luce e l'oscurità al momento si ritengono ancora in bilico, in futuro si aprirà un nuovo percorso? Dove ci porterà?
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